Avere tempo. Saggio di cronosofia di Pascal Chabot.
Il tempo ha due destini comuni. In primo luogo, è incastrato nella società, preso dal lavoro e da strutture che vanno al di là di noi. In secondo luogo, e questo è il secondo destino che dipende più da ognuno di noi, passiamo questo tempo in gran parte senza contarlo. Siamo generosi, dedichiamo ore e giorni agli altri o a qualche attività futile, senza renderci sempre conto che i minuti passano solo una volta.
La verità, però, è che il budget di giorni a disposizione di ogni persona non è espandibile, soprattutto perché è impossibile sapere in anticipo quanto durerà.
Perché è questo che è la vita: avere tempo. E niente è così comune come non averlo, darlo via o esserne derubati, anche senza intenzione malvagia… Eppure eccolo il risultato: il mio unico bene viene alienato.
Essere significa avere tempo. Eppure abbiamo continuamente la sensazione di non avere tempo. Ma che cos’è, allora, questo bene di cui lamentiamo la mancanza? Forse è il tempo di qualità. E come trovarlo?
La nostra civiltà, sostiene Pascal Chabot, vive sotto quattro regimi temporali che si scontrano: Fato (imperativo biologico della vita fino alla morte), Progresso (imperativo del futuro), Ipertempo (tirannia del presente e tecnocapitalismo: il tempo è ovunque e da nessuna parte) e Scadenza (conto alla rovescia verso la catastrofe ecologica).
Prima d’ora mai si è sperimentato l’antagonismo di tante concezioni incompatibili del tempo, che il più delle volte si uniscono contro di noi e che dobbiamo tuttavia conciliare per affrontare la quotidianità.
Perché l’atteggiamento che assumiamo nei confronti del tempo ha un impatto profondo sulle nostre vite: navighiamo tra nostalgia del passato, dipendenza dal presente e speranza per il domani. Ma quale temporalità dovrebbe essere preferita?
La sfida, scrive l’autore, è costruire una saggezza del tempo commisurata all’attualità: una cronosofia.