Questi sono i 50 la fine dell’età adulta un libro di Guia Soncini.
Grande Indifferenziato. Non sappiamo più tenere registri diversi, variare la confidenza tra il compagno di classe cui dare del tu e la maestra cui dare del lei, ( gli amici di mio figlio ad esempio mi danno il tuo e mi chiamano per nome senza aver avuto mai il mio consenso per farlo).
distinguere: tra le polemiche da un quarto d’ora e le ragioni per cui invece bisognerebbe dar l’assalto alla Bastiglia; tra i riferimenti di cultura generale che andrebbero pretesi da un adulto e le cose che sai solo perché ti sono passate davanti cinque secondi fa ma se le dimentichi è solo un vantaggio!
Questi sono i 50 la fine dell’età adulta, la trama:
“A cinquant’anni io ho letto almeno cinquanta milioni di articoli che mi giurano che la vita comincia a cinquant’anni, e ora devo solo decidere se è vero o no.»
Varcata la soglia innominabile, Guia Soncini si misura con la sfida più ardua: mostrare cosa succede quando la trasformazione è compiuta e da creatura straordinaria dell’infanzia, convinta che gli adulti siano sempre gli altri, ti ritrovi a essere la più vecchia.
In questa serrata e travolgente rassegna, rassicurante – «gli imbarazzi di cui ti vergogni a vita sono quasi sempre roba di cui il resto del mondo neppure s’è accorto» – e terrorizzante – «non dormirete mai più, non digerirete mai più la frittura» – si mettono in discussione totem e tabù:
«Se ci ricordassimo di che incubo era la giovinezza, mica la inseguiremmo». L’obiettivo è capire non solo «chi ci ha convinti che la fine del desiderio sia una condanna e non una liberazione», ma anche: come mai abbiamo smesso di accorgerci che da giovani avevamo torto su tutto?
La generazione che può vantarsi di aver inventato la nostalgia – anche come professione, «l’unica eredità che lasceremo ai nostri pargoli (assieme al crollo del sistema pensionistico)» – è la stessa determinata a non smettere di vestirsi da liceale, a fingere di non sapere neanche a cinquant’anni quel che ignorava a quindici, venti, trenta, a vivere per sempre come fosse in età fertile, a considerare «sei sempre uguale» il massimo complimento.
Sullo sfondo un’unica, ineludibile domanda: ora che nessuno è più disposto a crescere, quando si comincia a invecchiare?