Parlare di ISIS ai bambini

parlare di isis ai bambini

Parlare di ISIS ai bambini

il primo libro in Italia che spiega a genitori e insegnanti come affrontare con bambini e ragazzi un tema difficile, complesso e tragico come il terrorismo islamico.

I mie figli hanno iniziato a farmi domande sugli attentati, il terrorismo dopo aver ascoltato per caso alcuni scorci di telegiornale quindi ho deciso di leggere questo libro in modo che mi permettesse di avere le parole giuste per farlo.

Parlare di ISIS ai bambini (stato islamico in Iraq e in Siria) non è semplice:
Quando capiterà che vostri bambini vedono in TV scene di attentanti o violenze, per prima cosa rassicurateli a parole che dove vivete voi non sta succedendo niente di pericoloso. Poi passate ai fatti con il contatto fisico, anche semplicemente abbracciandoli, per farli sentire protetti è importante che sentano che non voi siete tranquilli e che avete il controllo della situazione.
Mantenere la calma e il nostro dovere di genitore e vivere sereni e il diritto nei nostri figli.
Rendersi conto che gli adulti possono essere pericolosi, può far cadere la fiducia incondizionata che i bambini hanno verso i grandi. È importante spiegargli che le forze dell’ordine sono al lavoro, per prendere le persone che si sono comportate male e metterle in prigione di modo che non possano recare altri danni.
I bambini hanno bisogno di due sicurezze emotive fondamentali: che loro genitori non moriranno e che resteranno sempre con loro. Se dopo aver visto scene di stragi in TV i vostri bambini inizieranno a svegliarsi la notte, lo faranno perché probabilmente vogliono essere sicuri che siete ancora nel vostro letto. Dopo che si è verificato un evento tragico, se siete credenti potresti andare in chiesa a fare una preghiera oppure a casa, se non lo siete potreste chiedere e così figli scrivere una lettera o di fare un disegno, per i bambini della città colpita, potrebbe essere un modo per farli sentire utili.
Per evitare che possano nascere pregiudizi razzisti o stereotipi negativi nei vostri bambini, fategli presente che appartenenza ad una religione o una nazione non fa di quelle persone di potenziali terroristi ma solo alcuni di essi (un numero molto esiguo) lo sono.
Cercate di mantenere intatta la vostra routine quotidiana è un ottimo modo per rassicurarli.
Non ci avranno, sembra poco ma in fondo tutto. Di Marco Follini pubblicato sull’Huffington Post.
Dopodiché il libro ha fatto un veloce escursus sulla questione palestinese, per farci capire uno dei motivi che ha portato al terrorismo di oggi, insieme all’analfabetismo, alla mancanza di diritti per le donne, la sovrappopolazione e la povertà in cui vertono queste persone.

Parlare di isis ai bambini la trama:

Quali parole può usare un genitore per spiegare a un figlio il fanatismo religioso, gli attentati terroristici, e riuscire a farlo sentire protetto e al sicuro? Come può un insegnante discutere coi propri alunni di Islam, Corano, califfato, senza semplificazioni né pregiudizi? L’educazione può essere un antidoto alla violenza?

Parlare e discutere di ciò che muove queste violenze non è semplice. Spesso genitori e insegnanti non sanno bene quali siano le cause di quello che accade, non sanno come documentarsi e non vogliono apparire ignoranti. E così, tendono a evitare di parlare di ISIS e terrorismo. Non sanno come farlo e rischiano di banalizzare le ansie, le paure e le domande di figli e alunni, per esempio affermando che sono cose lontane, che non arriveranno mai qui.

«Parlare di ISIS ai bambini» (Erickson, 2016) – scritto da Alberto Pellai, Edgar Morin, Marco Montanari e Riccardo Mazzeo – informa, orienta e fa riflettere: perché la conoscenza è l’unica possibilità che abbiamo di creare nei nostri ragazzi anticorpi all’intolleranza.

Da alcuni anni il terrorismo di matrice islamica è entrato nella vita di noi tutti, come un dato di cui tenere conto nella quotidianità di chi non avrebbe mai pensato di avervi a che fare. Le notizie che in tempo reale si sono succedute negli anni relative ad attentati, minacce, ultimatum, esecuzioni di ostaggi riprese con videocamera e poi diffuse sui media internazionali sono all’ordine del giorno e hanno indotto in ciascuno di noi la percezione di un pericolo reale legato a variabili non facilmente controllabili.

Come afferma Alberto Pellai, grazie alla globalizzazione e alla digitalizzazione, «basta stare seduti sul divano di casa o di fronte allo schermo del proprio tablet per vivere gli eventi che accadono dall’altra parte del mondo, in contemporanea con i diretti protagonisti. I nostri figli/alunni sono bombardati da un’iperstimolazione di dati, immagini, eventi. Spesso le immagini, i suoni, le parole che escono dagli schermi usati dai genitori rappresentano una sorta di sottofondo audiovisivo, un rumore d’ambiente nel quale portano avanti il palinsesto della loro esistenza. Ma le cose cambiano drasticamente quando le notizie che arrivano nel cuore della casa hanno a che fare con lo stragismo terroristico, con i grandi cataclismi, con quelle tragedie che accadono all’improvviso e coinvolgono nello stesso momento la vita e il destino di moltissime persone».

«Parlare di ISIS ai bambini» fornisce a insegnanti e genitori il lessico, gli strumenti e le nozioni con cui spiegare a bambini e ragazzi cosa è il terrorismo islamico, come e perché nasce, illustrando le modalità più efficaci per parlare di violenza e di stragi, per spiegare la guerra, per gestire la paura, cercando di entrare in empatia con le emozioni dei più giovani, per aiutarne la regolazione e la corretta espressione.

In particolare, il libro affronta il tema sotto gli aspetti:
emotivo, attraverso le indicazioni e i suggerimenti di Alberto Pellai, che riflette sulle modalità e sulle parole da utilizzare per parlare di terrorismo e stragi con chi è nato dopo l’11 settembre 2001;
teorico-filosofico, grazie ai contributi di Edgar Morin e Riccardo Mazzeo, che affrontano la questione del dialogo e della convivenza;
storico-culturale, con l’intervento di Marco Montanari, che presenta la storia del terrorismo e le condizioni dei Paesi arabi, basandosi su fonti obiettive e documentate.

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